giovedì 10 aprile 2008

il mio paese


Ortueri è un piccolo paese situato nel Mandrolisai, nel cuore della Sardegna, a 586 mt. sul livello del mare; il suo territorio è ricco di foreste di querce, sughere, lecci e di numerosi vigneti che danno un ottimo vino. In passato il suo nome era spesso legato ai manufatti in sughero e alla tessitura dell’orbace, usato per, la realizzazione dei tradizionali costumi e tappeti.
Fino al 1880 l’orbace si portava alla festa di Santa Reparata di Usellus (le tessitrici e rivenditrici ortueresi si distinguevano con il nome di “brabarixinas"). Attualmente le risorse della popolazione sono legate alla pastorizia, all’estrazione del sughero e all’artigianato in particolare alla tessitura, abili tessitrici realizzano rinomati tappeti, copriletti, tende, arazzi e altra biancheria per la casa.
Il borgo è di origine medioevale. I primi abitanti si stanziarono nelle località Travi ed Alas Ruinas che erano state in precedenza colonie dei romani; numerosi resti di epoca romana si ritrovano infatti nel territorio, come la pietra con epigrafe funeraria nella zona di Pedra Litterada che fino al 1932 presentava anche una necropoli. Sono ugualmente interessanti i siti archeologici presenti in altre località: Pranu è Laccos (dove ci sono dei sarcofaghi che portano iscrizioni dedicate agli dei Mani), Prochile Campu, Lassai, Brabarghinos e Licorì che offrono resti di notevole interesse.
Nel corso dei secoli Ortueri fece parte della curatoria del mandrolisai del giudicato di Arborea ed in seguito, nel periodo sabaudo, fece parte della contea di San Martino, feudo dei Valentino.
Oggi il monumento più importante è la chiesa di San Nicola, patrono del paese, il campanile, alto 38 mt, è il secondo in Sardegna per altezza (ultimato nel 1844). L’inizio della sua costruzione risale al 1786 per ordine di Mons. Giuseppe Luigi Cusani della Diocesi di Oristano e su progetto dell’ingegnere Carlos Mayno. Girovagando nella rete ho trovato alcune curiosità sulla costruzione della chiesa: il desposito iniziale per poter cominciare i lavori era di
Lit. 239,15, la pietra trachite, proveniva dalla cava di Santa Vittoria (tra Nughedu e Neoneli) e un carro costava 2 soldi. I tagliatori erano di Ovodda, i ferri e gli attrezzi necessari si portavano da Oristano e da Cagliari. Per il viaggio di andata e ritorno a Cagliari ci volevano cinque giorni e si spendevano 12 lire per quattro cavalli e 4 lire per il vitto. Il legname arrivava da Tonara; la calce da Samugheo. I mattoni si fabbricavano a Ortueri (forse nel luogo vicino, che oggi conserva il nome di "prazza 'e forraghe" cioè piazza della fornace); li produceva un certo Antonio Bona, il quale prendeva 2 scudi ogni 500 mattoni ("ladrillos" o “ladrari”). Per la costruzione grezza della chiesa fino al 1802 vennero spesi circa 11.483 lire.


Alcune delle informazioni che ho riportato sono state prese da siti internet.


Interessante è poi la chiesa campestre di Santa Maria posta sopra una collina non lontana dal paese. Nel 1923 fu demolita e riedificata dalle fondamenta con altro disegno e proporzioni quasi triplicate. (la costruzione terminò nel 1927). Un ulteriore intervento di consolidamento venne eseguito intorno agli anni Ottanta con il generoso contributo della popolazione di Ortueri.
All’uscita del paese andando verso Sorgono c’è una piccola cappella chiamata “capelledda” costruita nel 1925 da Fra Illuminato Cabiddu, un frate francescano che durante la prima guerra mondiale venne gravemente ferito. Attribuì la sua guarigione a un miracolo della Madonna e in segno di riconoscimento, con l’aiuto della sua famiglia fece costruire questa cappella.
Di particolare interesse naturalistico sono l’impervia punta di Sa Pedrarba (mt.813), su cui svettano le rocce granitiche di Sa conca ‘e S’Isteddu ed il parco Mui Muscas con rigogliose sugherete, habitat naturale dell’asinello sardo che è possibile avvistare in piena libertà. Oltre agli esemplari di asino sardo nel parco vivono altre specie di animali selvatici come lepri, cinghiali, conigli selvatici e non di rado si può avvistare l’aquila reale.
















Il territorio in cui si stende il parco è ricco di sorgenti d’acqua, una di queste, quella di “Campu Majore”, in antichità, fu ritenuta curativa per i malati di malaria.





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